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Gestione dei Conflitti - Comunicazione Interculturale - Psicologia della Relazione - Photo chang-duong-Sj0iMtq_Z4w-Unsplash

Relazioni personali, Comunicazione e Gestione del Conflitto

La teoria delle relazioni interpersonali è di grande interesse, nel cammino di scoperta e riflessione sul pensiero di Carl Rogers. 

È una teoria importante in questo percorso, di tipo umanistico, che ci prepara alla mediazione interculturale e alla comunicazione interculturale. Entrambi strumenti essenziali nella gestione dei conflitti.

Sempre interessato al livello applicativo, Rogers stabilisce le coordinate delle relazioni sane e di quelle disfunzionali.

Nelle prime, i singoli si rapportano in modo da incentivare la realizzazione di se stessi e dell’altro su un piano di accettazione reciproca, di cooperazione e di comunicazione diretta e autentica.

Le relazioni disfunzionali sono invece quelle che impediscono la piena libertà e responsabilità dei soggetti coinvolti, in cui la mancanza di empatia provoca una chiusura all’altro ed al suo modo di essere.

Il filosofo Paul Grice (1993) ha dimostrato che la comunicazione non è possibile se non sulla base del principio di cooperazione: ognuno degli interlocutori dev’essere motivato non solo ad esprimersi ma anche a comprendere.

L’importanza dell’ascolto

Da qui l’importanza dell’ascolto. Nonostante la quantità di parole scambiate quotidianamente, infatti, sentirsi ascoltati e veramente ascoltare è un’esperienza rara.

In caso di conflitto questa incapacità risulta micidiale: noi tendiamo a seppellire l’altro sotto il cumulo delle nostre ragioni, a vantare la superiorità del nostro punto di vista ancor prima di avere capito il suo, rendendo di fatto impossibile ogni intesa.

La scommessa di Rogers è invece che, in una relazione che va degradandosi a qualsiasi livello (da quello interpersonale a quello internazionale), si inserisce qualcuno che sa ascoltare ed accettare.

Ciò ‘contagerà’ in senso positivo e indurrà ad una maggiore comprensione reciproca le parti in causa.

In base a questi principi, Rogers sviluppò una visione ed una metodologia nella conduzione dei gruppi, descritte in un libro del 1970.

Il “gruppo di incontro”

Il ‘gruppo di incontro’ non ha finalità specificamente terapeutiche: esso si inserisce nel nutrito filone dei ‘gruppi esperienziali’ nati negli anni ‘40 con i T-groups di Kurt Lewin.

Al di là delle differenze tecniche, la caratteristica comune è quella di non mirare a qualcosa di esterno e oggettivo come elaborare un progetto o svolgere un compito, ma all’instaurarsi di relazioni interpersonali soddisfacenti all’interno del gruppo stesso.

Nel modello di Rogers, la funzione del conduttore consiste nel ‘facilitare’ i processi originati dal gruppo senza che ciò comporti dirigerli, condizionarli o interpretarli.

Il ‘facilitatore’, ad esempio, si astiene dal proporre specifici argomenti o contenuti, ma lascia che questi emergano dallo scambio interpersonale.

Il facilitatore accetta ed empatizza in egual modo sia con i sentimenti ‘positivi’ che con quelli ‘negativi’; non si fa neppure carico di tutta la facilitazione.

Infatti, se riesce a creare un clima adatto, si svilupperanno fra i membri conoscenza e fiducia reciproche, per cui tutti possono dare e ricevere facilitazione.

Fondamentale è che ognuno si senta libero di mostrare sia i lati piacevoli e socialmente accettati, sia quelli oscuri, problematici o deboli.

Il gruppo è infatti una sorta di laboratorio protetto nel quale usufruire in tutta sicurezza delle opportunità relazionali.

Per questi motivi la modalità del gruppo d’incontro è stata applicata alla risoluzione dei conflitti, anche internazionali.

La de-costruzione del “nemico”

Il presupposto è che il nemico appare meno nemico quando si è condivisa con lui un’esperienza così umanamente significativa (si abbassa l’infraumanizzazione).

Questo è il senso profondo, ad esempio, del report (inedito) di Rogers sull’incontro tenuto a Rust (Austria) nel 1985, fra esponenti del Nord, Centro e Sud America.

Rogers guidava uno staff di facilitatori. Il suo resoconto è uno specchio fedele delle enormi difficoltà ma anche dei sinceri momenti di dialogo fra persone divise da distanze di ogni tipo.

Agostino Portera
(4 – continua)

(Foto di copertina di Chang Duong – Unsplash)