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L’etnopsichiatria e migranti. Intervista al dottor Aldo Virgilio, medico e psichiatra

Quale rapporto fra etnopsichiatria e immigrazione? L’etnopsichiatria è importante anche ai fini della mediazione interculturale, di cui si occupa il Master del Centro Studi Interculturali dell’Università degli Studi di Verona?

Una cosa è sicura. Il supporto etnopsichiatrico è fondamentale per un migrante che voglia integrarsi da un punto di vista sociale, scolastico e lavorativo.

L’Italia e la sua prima terra di approdo però – qual è la Sicilia – sembrano sottovalutare l’importanza di un sostegno, Sostegno che ha enormi benefici, per i nuovi arrivati e per chi li ospita. 

Aldo-Virgilio-etnopsichiatra- centro studi interculturali - univerona

A Catania c’è un ambulatorio etno-psichiatrico aperto ai migranti. A dedicarsi ai nuovi arrivati è il dottor Aldo Virgilio, psichiatra transculturale dell’Azienda Sanitaria Provinciale (ASP) etnea.

“In quest’ultimo periodo i richiedenti asilo o le persone vittime di violenza, abusi ed esperienze fortemente traumatiche, sono quelli che ne hanno più bisogno”, sottolinea lo psichiatra Aldo Virgilio. “Lavoro qui dal 2005, ma l’ambulatorio è nato nel 1998”. È infatti alla fine degli anni Novanta che un nucleo operativo comincia a studiare i problemi dei migranti presenti a Catania.

Etnopsichiatria: l’importanza per una cultura dell’accoglienza

Il principio fondamentale consiste nel cogliere la cultura di provenienza di ogni persona. Se guardiamo alla cultura africana per esempio bisogna tenere conto di alcuni aspetti estranei al modo occidentale di concepire le cose. “Si tratta di aspetti che hanno a che fare con un mondo altro, invisibile; che noi in qualche modo consideriamo frutto di suggestioni, credenze che fanno parte di una cultura più bassa”, spiega il dottor Virgilio (nella foto). “Se non diamo il giusto riconoscimento alla presenza di questo mondo altro – molto forte nella vita di queste persone – difficilmente possiamo comprendere il significato della malattia”. 

Nella cultura africana infatti una patologia – che nella concezione occidentale nasce e si sviluppa dentro il corpo di una persona – è esterna. Vale a dire che è subita attraverso la presenza di un elemento esterno al proprio corpo. “Se non si tiene conto di questo, non si riesce a entrare in dialogo con chi si ha davanti. E questo ci considererà sempre un professionista che non è in grado di capire i suoi problemi”.

Un supporto di questo tipo per un migrante che sbarca in Italia è indispensabile. “Il cento per cento delle persone che arriva dalla Libia ha subito esperienze fortemente traumatiche che lasciano un segno indelebile”, continua lo psichiatra.

Eppure, le difficoltà non sono poche se si considera che il dottor Virgilio è l’unico psichiatra transculturale in tutta la Sicilia. Prima regione su cui un migrante mette piede quando arriva in Italia.

Accanto all’evidente mancanza di ambulatori specializzati, c’è poi una generale miopia sull’importanza del sostegno etno-psichiatrico. Già a partire dall’amministrazione locale. “Non si è capito il significato del problema; che certi disagi vanno affrontati mediante aspetti culturali indispensabili. L’approccio occidentale non è adatto”, sottolinea lo psichiatra. “Nuovi progetti territoriali continuano a sorgere, ma tutto procede molto lentamente”.

L’etnopsichiatria e l’integrazione in società e nel lavoro

Il sostegno etno-psichiatrico è poi fondamentale quando si parla di integrazione nel lavoro. Se una persona non è riuscita a risolvere determinati disagi e a guarire da traumi vissuti, non riesce a fare bene in ambito sociale.

“Se una persona ha una sintomatologia misconosciuta, da stress post-traumatico con dei sintomi che non vengono espressi, questi si presenteranno in pensieri intrusivi e in difficoltà cognitive”, spiega lo psichiatra. Questo significa difficoltà di apprendimento a livello scolastico, per esempio. E non solo. Difficoltà di rendimento lavorativo possono pregiudicare il migrante perché rischia di essere considerato dal datore di lavoro una persona svogliata. “In realtà, molte volte si tratta di persone che rivivono flash; pensieri intrusivi che le riportano costantemente nella loro dimensione traumatica. Questo disagio li porta poi anche a un isolamento sociale e comunicativo, quindi a problemi relazionali”.

Se pensiamo ai casi di violenza sui treni di Trenord – in cui il passeggero straniero, che si è rifiutato di acquistare il biglietto, minaccia o aggredisce il controllore – il dottor Virgilio offre uno sguardo più profondo e sfaccettato per analizzare tali vicende. Certi episodi infatti possono essere scatenati da persone che hanno diverse storie alle spalle.

Accanto a chi è già di per sé una persona antisociale anche in patria, c’è però anche chi arriva in Italia con la speranza di integrarsi, ma si ritrova in un Paese che non sa offrirgli una strada adeguata per farlo.

“Nei percorsi di integrazione italiani ci sono dei fallimenti, delle difficoltà e delle lungaggini. Fra queste quella che può portare a delinquere è non avere la possibilità di accedere in tempi ristretti ai documenti. Di rado si pensa che queste persone vivono pressate dalle famiglie che chiedono loro di guadagnare e mandare denaro. Questo è uno dei motivi per cui tanti ragazzi non riescono ad aspettare”, spiega lo psichiatra Virgilio.

Migranti e criminalità: come evitare la devianza

L’etno-psichiatra Virgilio sostiene che se si guarda ad alcuni casi, ci sono persone che sono facilmente vulnerabili. Alcuni ragazzini per esempio, vedono difficoltà di integrazione lavorativa. Oppure che i tempi di inserimento sono lunghi: l’imparare l’italiano, il conseguire la terza media, l’imparare un lavoro. Decidono, così, di darsi al guadagno facile. Non comprendono che ci sono dei tempi.

Dall’altra parte poi si aggiunge una condizione di disagio sociale, qual è quello italiano, che non sa garantire percorsi di accoglienza e integrazione adeguati.

I casi dei treni regionali hanno alla base, secondo lo psichiatra Virgilio, un aspetto di marginalizzazione: “Le persone vengono messe ai margini della società e la minaccia, il rifiuto o l’atto violento diventa un modo per sopravvivere all’interno di una società di cui queste persone non si sentono parte”.

I benefici degli incontri etnopsichiatrici  

Le sedute etno-psichiatriche sono di grande aiuto soprattutto con i soggetti più fragili, con le donne o con i minori. Diversi sono i benefici di questi incontri, primo fra tutti il recupero dell’equilibrio perso. Un equilibrio che tenga conto dei fattori che mettono la persona in relazione con il mondo altro, con la comunità e con ciò che la circonda.

“Gran parte delle persone migranti che arriva qui”, spiega Virgilio, “ha una grande voglia di lavorare. E hanno voglia di farlo onestamente: altrimenti non esisterebbero i casi di caporalato, in cui il migrante lavora fino a diciotto ore al giorno per pochi euro”.

“Chi pensa che i giovani venditori stranieri che girano per le spiagge sono spesso persone sotto terapie, anche sedative? Eppure, lavorano, sotto il sole cocente. Si tratta solo di persone che hanno bisogno di essere aiutate e con le condizioni e il supporto adeguati possono fare tanto”, conclude lo psichiatra Virgilio.

Graziana Solano
Giornalista e comunicatrice. Si è laureata in Editoria e Giornalismo all’Università degli Studi di Verona. Si occupa di temi legati alla migrazione e al ruolo delle donne nella società