
Donne in Liberia. Costrette a vendere la droga kush per sopravvivere
In Liberia, un paese segnato da elevata povertà e precarietà alimentare, la vendita di “kush”, una potente droga sintetica che crea dipendenza ed è a basso costo, è diventata una disperata strategia di sopravvivenza per molte donne.
Evelyn, una donna di 42 anni di Monrovia, è un esempio di questa realtà: ha iniziato a vendere sigarette di kush nel 2020 dopo aver abbandonato il pericoloso e non redditizio commercio informale di acqua.
Questa attività le permette di pagare la scuola ai suoi quattro figli e di nutrirli. Questo avviene nonostante il suo desiderio di abbandonare subito il traffico della droga se avesse un’alternativa.
La povertà estrema, unita a una profonda disuguaglianza di genere che limita l’accesso delle donne all’istruzione e a lavori qualificati, spinge molte a entrare nel traffico di droga.
Le donne, spesso madri e giovani, sono diventate attori chiave nella catena di spaccio in Africa occidentale, sottostimate ma in numero crescente e capaci di trasportare la droga oltre i confini passando inosservate.
Il kush, apparso in Sierra Leone intorno al 2017, si è rapidamente diffuso. Hanno portato i governi di Sierra Leone e Liberia a dichiarare l’emergenza sanitaria nel 2024 a causa degli alti livelli di consumo.
Le venditrici come Evelyn affrontano pericoli costanti, inclusi raid frequenti e violenze da parte degli agenti dell’Agenzia Antidroga della Liberia (LDEA), che le derubano e le picchiano, approfittando della loro impossibilità di difendersi legalmente.
Di questi e altri aspetti del traffico di droga, della situazione delle donne e di quanto accade in Liberia, si occupa un reportage di Graziana Solano, che si è laureata all’Università degli Studi di Verona.
Graziana Solano scrive reportage dalla Liberia per El Pais e per L’Espresso.