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Gestione dei Conflitti - Photo Pixabay - couple-8260217_1280

Gestione dei conflitti. Come riconoscere il conflitto. Parte 4^

Quando parliamo di gestione dei conflitti, occorre riconoscere che – per fortuna – la maggioranza dei conflitti ha caratteristiche diverse da quelle dei conflitti totalizzanti, a somma zero e irresolubili.

Ciò fa sì che, nella quotidianità, molti conflitti vengano risolti in modo spontane,o senza necessità di una vera e propria mediazione o con interventi informali di terzi (amici o persone autorevoli).

In tal senso si prestano quei conflitti in cui l’obiettivo, esterno, può essere divisibile e quindi l’esito win/win.

Celebre è l’esempio dei due ragazzi che si contendono un’arancia (Fisher, Ury, Patton, 1995): possono dividerla in due, oppure prendere uno la scorza per farne un dolce mentre l’altra mangia la polpa.

Oppure, aggiungerei, regalare quell’arancia, o magari innamorarsi e ciascuno insistere perché la prenda l’altro. Insomma, se vi è ‘cooperazione nel conflitto’ (Weeks, 1995), una soluzione, spesso creativa, si trova.

Purtroppo non tutti i conflitti possono essere gestiti e risolti in questo modo.

Conflitti aut-aut e loro conseguenze

In quei conflitti che definiamo ‘aut-aut’, la natura della scelta impone che una parte ‘vinca’ e l’altra ‘perda’.

In un diverbio fra insegnanti in sede di scrutinio, uno vuole bocciare un alunno, l’altro promuoverlo.

Una famiglia somala vuol praticare la mutilazione genitale alla figlia; e viene in contrasto con le leggi del paese in cui vive. In un condominio alcuni vogliono sostituire il vecchio ascensore che per altri funziona ancora benissimo.

L’alunno sarà promosso o bocciato, la pratica cruenta si farà oppure non si farà, l’ascensore verrà cambiato oppure no.

Conflitti di potere e strascichi emotivi

Molti di questi conflitti vengono decisi in base al potere: gerarchico, istituzionale, giudiziario, ma lasciano spesso spiacevoli strascichi psicologici.

Chi vede rifiutato il suo punto di vista, si sente non solo frustrato nelle sue istanze, ma anche mortificato, umiliato sul piano personale.

Ed è questo il fattore che più ‘brucia’, all’origine di risentimenti senza fine e tentativi di rivalsa che possono acuire e rendere intractable il conflitto (Goldman, Coleman, 2005).

Accade molto spesso, infatti, che la sua origine si perda, ma resti un malanimo che cova sotto la cenere, sempre pronto ad esplodere.

È necessario quindi porre la massima attenzione al versante emotivo, cercando di non ferire, anzi incentivando la stima e l’autostima soprattutto della parte svantaggiata.

Conflitti e mediazione

Sempre più di frequente la gestione e la risoluzione dei conflitti sono affidati ad una figura professionale.

Oltre alla competenza specifica, i vantaggi di un mediatore sono molteplici: il ‘terzo’ in un conflitto serve ad immettere nuova ‘energia umana’ (risorse, idee, impegno) che arresti il circolo vizioso.

Inoltre, la sua attenzione nei confronti delle parti satura quei bisogni di riconoscimento che non vengono soddisfatti reciprocamente.

Un’altra funzione del mediatore è quella di gestire il lato emotivo impedendogli di alimentare il conflitto.

Abbiamo visto che emozioni come l’orgoglio, la collera, l’invidia possono gravemente ostacolare il processo di risoluzione. Il compito del mediatore non è quello di reprimerli, ma di contenerli e, se del caso, di aiutare i soggetti a verbalizzarli.

Infine, il mediatore costituisce un esempio, un modello per le parti, perché con il suo stesso operare propone un atteggiamento più aperto e comprensivo.

Il setting, cioè il contesto pratico e normativo, è ovviamente diverso a seconda delle situazioni, ma deve venire definito con chiarezza fin dall’inizio.

Una delle variabili è quella delle modalità di incontro: saranno sempre presenti entrambe le parti, oppure il mediatore potrà incontrarle anche singolarmente?

Un’altra è la durata: se si prolunga troppo, una mediazione di coppia rischia di diventare una terapia, una mediazione aziendale di risultare inefficace e così via.

Mediazione di Approccio centrato sulla Persona

 Da quanto detto finora possiamo trarre alcune conclusioni.

Anzitutto, nella nostra prospettiva, il mediatore punta soprattutto sull’aspetto relazionale, lasciando sullo sfondo l’uso, pur necessario, di strategie negoziali.

Il suo compito è anzitutto quello di creare il clima facilitante di cui abbiamo parlato alcuni articoli fa. Ciò comporta la messa in atto di:

  • accettazione positiva incondizionata, scevra da giudizi e pregiudizi, di tutti i soggetti coinvolti;
  • accurata empatia che renda possibile ad ognuno di sentirsi considerato e compreso;
  • congruenza che permetta di valutare i limiti propri e della situazione in cui opera, nonché gli eventuali errori

 Oltre ad agevolare le relazioni e la comunicazione, questi fattori sono utili ad operare un miglioramento fondamentale: la chiarificazione della materia del contendere, che è invece spesso mischiata a emozioni, aspettative reciproche, implicazioni nascoste. 

Da un punto di vista umanistico, questo ha un enorme valore non solo pratico ma anche esistenziale, perché aumenta la libertà e la responsabilità delle scelte nei soggetti interessati.

È quindi indispensabile che il facilitatore sappia verbalizzare, accuratamente, ciò che è contenuto o sotteso dalle parole, e dalla comunicazione non verbale, che le accompagna.

A tal fine sono utili le tecniche del rimando empatico che abbiamo descritto in un articolo precedente. 

Ecco alcuni esempi tratti da colloqui individuali nel corso di una mediazione di coppia. 

RISPOSTE EMPATICHE II

Un marito dice:
 “Sono molto arrabbiato perché ieri sera mia moglie ha ballato con tutti tranne che con me”.

La risposta del mediatore potrebbe sottolineare con garbo la sua frustrazione: “Sembrerebbe che lei si sia sentito ferito”.

 “Infatti! Mi fa sempre fare certe figure! Balla con tutti piuttosto che con me, dice che non sono capace… Perché io vengo da una famiglia di poveracci e non ho potuto studiare, né andare tutte le sere in discoteca! Non come lei ed i suoi amici”.

Dal discorso emerge spontaneamente un problema di differenze sociali e del relativo risentimento.

Un altro marito racconta:
 “Ieri sera, quando sono tornato a casa, mia moglie stava tagliando l’erba in giardino e ha tranquillamente proseguito, mia figlia era chiusa in camera con la musica a tutto volume; pure il cane, quando mi ha visto, si è girato dall’altra parte!”.

Mediatore: “Mi sta dicendo che si è sentito solo e trascurato perché nessuno l’ha accolta?”.

“Certo, ormai in famiglia sono soltanto un Bancomat!”.

Vediamo, in questi brevi esempi, come il problema inizi a delinearsi sia nelle emozioni, sia nei punti di vista.

Ecco invece un caso in cui viene messo in rilievo un costrutto.

Dice piangendo una moglie: “La vita con mio marito è un tormento. Se potessi tornerei dai miei. Ma come faccio? Sarebbe una vergogna insopportabile per loro e anche per me”.

In tal caso, l’emozione vergogna è già espressa e dunque non necessita di rimando.  Piuttosto si potrebbe esplicitare l’implicito: “Una donna sposata non può permettersi di lasciare il marito”.

“Certo, nella nostra famiglia non è mai accaduto niente del genere! Perché dovrei essere proprio io a farlo?”

Continuando nel dialogo, la signora enumera tutte le sue remore e valuta se non sia il caso di “essere proprio lei la prima a farlo”. 

Ecco invece esempi di rimando sui punti di vista ad entrambi i coniugi presenti.

Esempio 1 (moglie e madre): “Nostro figlio torna tutte le sere tardissimo, sappiamo che beve e si fa gli spinelli. E mai che mio marito gli dica qualcosa…”

Mediatore: “Secondo Lei dovrebbe essere più severo, invece?”.

Esempio 2 (Mediatore rivolto ad entrambi i coniugi): “Mi sembra che siate ambedue d’accordo che i nonni fanno regali eccessivi ai vostri ragazzi. Ma come rimediare? Lei (padre) sarebbe per una linea più rigorosa, mentre Lei (madre) preferirebbe un atteggiamento più flessibile”.

Questo intervento dà modo alle parti di confrontarsi.  Lavorando con tali linee-guida, il mediatore di approccio Client-centered cercherà, come abbiamo detto, non tanto di proporre soluzioni, ma di facilitare la coppia a trovare una sua modalità per comporre o gestire il conflitto.

Abbiamo visto così, in questa serie di dieci articoli, come – partendo dalla Psicologia Umanistica – con tutte le sue componenti e i concetti su cui riflettere – si possa giungere a comprendere il conflitto. E a proporre forme di gestione e di mediazione.

Valeria Vaccari
(10 – fine)