Media e immigrazione, percezione e informazione tra pancia e testa
Il 42% degli italiani pensa che gli immigrati nel nostro Paese siano troppi. Il 35% dei 60 milioni di connazionali mette i migranti al terzo posto nella classifica dei problemi del Paese.
Il 24% degli italiani vorrebbe respingerli tutti. Il 44% accoglierebbe solo i rifugiati politici.
La fotografia emersa dalla terza Mappa dell’Intolleranza elaborata da Vox Osservatorio italiano sui diritti, mostra “un’intolleranza pervasiva e diffusa, che si alimenta con gli sbarchi dei profughi”, un’Italia che non sa includere, preoccupata per le ripercussioni sulla vita sociale e in cui il 69% delle discriminazioni risulta avvenire per motivi razziali.
In Europa, ad esempio, siamo quelli che odiano di più i Rom: 82% contro il 40% della Germania.
I messaggi analizzati da Vox su Twitter manifestano un “termometro dell’odio online” che si è impennato nel 2017 e nel 2018 e risulta raddoppiato in meno di un anno, in nettissima crescita dal 2016.
Ma non è l’unico osservatorio a notare questa fatica ad accettare minoranze e stranieri, che nel nostro Paese sono circa l’8% della popolazione.
Secondo Pew Research Center (dati 2017), gli italiani risultano di gran lunga il popolo meno disponibile all’integrazione in Europa occidentale: sentimenti di forte intolleranza sono condivisi dal 38% degli italiani contro il 25% dei tedeschi, il 19% dei francesi e l’8% degli svedesi, i più accoglienti sui 15 Paesi analizzati.
Eppure le stime di Ocse e Unhcr dicono che l’Italia non è fra i primi paesi né per numero di stranieri né per numero di rifugiati. Tantomeno ci sarebbero evidenze sul fatto che da noi ci sarebbero più irregolari che altrove.
Media e immigrazione, percezione e informazione: i media tra pancia e testa
Secondo Eurobarometro (dati autunno 2018) la maggior parte dei cittadini europei ritiene che a livello nazionale, a preoccupare di più siano: disoccupazione, aumento dei prezzi/costo della vita, immigrazione, sanità/sicurezza sociale.
Se, dunque, i social parlano a questa “pancia del paese”, dando la colpa del malessere a un capro espiatorio, meglio se esterno al gruppo sociale maggioritario, non possono che trovare sponda, conquistare consensi e diffondersi.
I cittadini stranieri regolarmente residenti in Italia si aggirano attorno ai 5 milioni, lo stesso numero degli ultimi 4 anni, ma la percentuale percepita è pari al 25%: oltre 17 punti in più rispetto al dato reale e più di tutti in Europa.
Sulla base delle ricerche svolte, la Fondazione Cattaneo (agosto 2018) spiega: “All’aumentare dell’ostilità verso gli immigrati, aumenta l’errore nella valutazione sulla presenza di immigrati nel proprio Paese”.
Detto altrimenti: “Chi, per principio, ha una posizione sfavorevole verso gli immigrati potrebbe essere indotto a ingigantire la portata del fenomeno oppure a giustificare il proprio atteggiamento in virtù di una percezione distorta della questione”.
Questo a sua volta significa che il margine di “errore percettivo” in riferimento al fenomeno migratorio deriva tanto dalla scarsa informazione, quanto da una visione pregiudiziale del mondo che inevitabilmente condiziona l’osservazione.
La sovrastima ha conseguenze pratiche, sociali: la percentuale di chi pensa che gli immigrati siano un peso per lo Stato sociale sale al 62%.
Il 74% pensa che gli immigrati peggiorino la situazione della criminalità (media europea del 57%), l’idea poi che una maggiore immigrazione comporti una riduzione dell’occupazione per i residenti in Italia corrisponde al 58% sul totale, mentre la media europea si ferma al di sotto del 41%.
Ovvero, chi sovrastima, è indotto ad ingigantirne le conseguenze sul welfare state.
Immigrazione in Italia: i dati smentiscono le percezioni della gente
Tuttavia, i dati reali smentiscono le percezioni: secondo l’Alto commissariato per i diritti umani delle Nazioni Unite, tra il 1° gennaio e il 31 agosto 2018 è sbarcato sulle coste del nostro Paese l’80% di migranti in meno rispetto allo stesso periodo del 2017.
Un altro esempio di come, la pancia può orientare la testa.
Secondo Eurispes il 31,2% degli italiani (meno di un terzo) valuta correttamente la presenza di immigrati di religione islamica in Italia (circa 2,5-2,8 milioni ovvero la metà dei residenti stranieri). Mentre il 68,7% la sovrastima.
Tra i dati del Rapporto immigrazione 2017-2018, curato da Caritas insieme a Fondazione Migrantes, si legge che il 57,7% degli stranieri residenti nel nostro Paese è di religione cristiana, quasi 3 milioni, in aumento di circa 50 mila unità negli ultimi due anni, solo il 28,2% musulmana.
Per cui “l’invasione” dei migranti non sarebbe musulmana, ma cristiana.
Discorso simile sulle provenienze. Gli italiani che quantificano con esattezza la presenza africana in Italia (pari a circa l’1,7% della popolazione) sono soltanto il 15,4% del totale.
Il 27,4% individua come principale regione d’origine l’Africa del Nord, da dove in realtà proviene solo il 12,9% degli stranieri arrivati in Italia.
Questi dati ci dicono che la chiusura al confronto multietnico e multiculturale trova terreno fertile nella persistenza dello stereotipo dell’immigrato come causa di degrado, terrorismo, criminalità, insicurezza sociale.
Media e immigrazione: “fabbrica della paura” e luoghi comuni
Se contribuiamo alla cosiddetta “fabbrica della paura”, ossia alla costruzione mediale di un sentimento diffuso di timore e insicurezza nelle persone, generatore di instabilità e violenza, la alimentiamo con i post (creandoli o condividendoli). E non la smentiamo con numeri e fatti, alimenteremo l’illusione che i problemi dipendano dall’Altro e non da cause effettive. Vedremo il sintomo, non la malattia.
Smentire i luoghi comuni su cui si costruisce la paura del migrante, con contributi attivi e costanti di politica, media e social, dovrebbe essere interesse di tutti.
Non per buonismo verso i migranti ma per capire quanto fondamento abbia una lettura univoca sul fenomeno sbarchi basata sui toni dell’emergenza, dell’invasione degli stranieri, della correlazione tra criminalità-terrorismo-fondamentalismo islamico.
E’ un’occasione per interrogarci sulla paura dell’altro e per capire ciò che rappresentano realmente le migrazioni.
Un’occasione per una riflessione sui temi della mediazione interculturale, del ruolo dei media, della comunicazione interculturale e della gestione dei conflitti.
Barbara Minafra
Giornalista, diplomata al Master in Intercultural Competence and Management (Mediazione interculturale, Comunicazione Interculturale e Gestione dei Conflitti)