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- Comunicazione e Mediazione Interculturale nelle Imprese - Centro Studi Interculturali - UniVerona - Photo 225468949 Intercultural Communication Pressmaster Dreamstime

Disinformazione e donne in politica: tra odio e pregiudizi. Lo studio con l’Università LUISS

Come sono raccontate le donne attive in politica? Quali attacchi d’odio online subiscono? Abbiamo una prima fotografia del fenomeno grazie a uno studio scientifico a cui, attraverso il lavoro di una sua collaboratrice, ha contribuito anche il Centro Studi Interculturali dell’Università degli Studi di Verona.

Un report di ricerca, pubblicato sul sito del Ministero degli Esteri, raccoglie le narrazioni di disinformazione diffuse sui social media e analizza le forme di attacchi d’odio online contro le donne attive in politica nel contesto italiano.

“Disinformazione e donne in politica” è un caso studio che fa parte della raccolta “Come individuare e contrastare operazioni coordinate di disinformazione in Italia – Casi di studio e indicazioni di policy per istituzioni pubbliche e private”, pubblicata lo scorso 20 giugno.

Si tratta del secondo ciclo di ricerca che vede la collaborazione tra Università LUISS Guido Carli, Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, HKS Misinformation Review, Università del Michigan e Istituto di Geopolitica Digitale.

Il tema principale del lavoro di ricerca riguarda come riconoscere e combattere la disinformazione che va ad annidarsi in vari ambiti (sanitario, climatico e sociale).

Oltre al caso studio sulle donne in politica, altre analisi si sono concentrate sui No-Vax e sui negazionisti del cambiamento climatico.

Il caso studio sulle donne in politica si unisce alla raccolta grazie alla collaborazione con #ShePersisted, unica e sola iniziativa a livello mondiale che si occupa di combattere la disinformazione di genere e gli attacchi online contro le donne in politica.

Per la realizzazione del caso studio ha fornito il suo contributo Nicoletta Apolito, media analyst ed esperta di comunicazione digitale per il Centro Studi Interculturali dell’Università di Verona.

La ricerca si è posta come obiettivo quello di indagare se esista un nesso tra gli attacchi online contro le donne in politica. E gli sforzi volti a indebolire le istituzioni democratiche.

A tal proposito risulta che le donne più attaccate nel contesto politico italiano siano quelle che si espongono di più a favore di tematiche scomode. Ovvero quelle che riguardano diritti come l’aborto e le unioni civili.

Donne e politica: le strategie di disinformazione

Le strategie di disinformazione si servono dell’operato delle donne in politica per attaccare leggi e decreti in vari ambiti, dall’immigrazione ai diritti delle donne, utilizzando contenuti che vanno a colpire le loro proposte politiche a riguardo.

La donna che si espone in politica viene attaccata e talvolta denigrata con lo scopo di screditare la sua immagine, la sua credibilità, il suo valore e di conseguenza minare alla reputazione che le serve per ricoprire il suo ruolo in politica.

Talvolta per screditare tali donne vengono introdotte narrazioni ricamate da faccende strettamente personali che servono solo per accentuare aspetti negativi della loro persona e contribuire a gonfiare l’idea che le classifica come inadatte al ruolo che ricoprono.

Gli attacchi avvengono su due fronti: tramite narrazioni di disinformazione e tramite narrazioni di hate speech.

Le prime si servono di contenuti con falsa connessione, falso contesto e contenuti fuorvianti per diffondere notizie false e contribuire a mettere in cattiva luce le vittime degli attacchi.

Altri contenuti riguardano vignette satiriche offensive, fotomontaggi offensivi con i visi delle donne ed infografiche realizzate con lo scopo di trasmettere messaggi fuorvianti per indebolire l’immagine della donna e del suo operato.

Mentre le narrazioni di hate speech analizzano gli attacchi lessicali subiti dalle donne in politica mettendo sotto la lente di ingrandimento la potenza manipolativa del linguaggio.

Tra gli attacchi per screditare una donna in maniera offensiva c’è quello di darle un soprannome, oppure di etichettarla come brutta, fuori controllo e delirante.

Altri attacchi abbracciano la sfera della misoginia ed hanno una forte carica sessista, si tratta di insinuazioni a sfondo sessuale carichi di doppi sensi.

L’uso delle offese di genere sui media

L’analisi del linguaggio si è concentrata anche sulle offese di genere, vale dire offese rivolte in modo esclusivo alle donne proprio perché donne.

Le offese di genere più rilevanti nel contesto politico italiano etichettano le donne come:

  • abusive, non meritevoli di ricoprire il loro ruolo in politica,
  • privilegiate, perché magari sposate a un uomo ricco,
  • nemiche delle donne e dei bambini, con riferimento particolare a questioni e idee legate all’aborto,
  • autoritarie, accusate di essere conto la libertà di stampa e di pensiero e favorevoli alla censura,
  • poco attraenti, con giudizi sgradevoli sull’aspetto estetico,
  • bugiarde, persone di cui non si ci può fidare,
  • incoerenti, sempre persone non meritevoli di fiducia,
  • inaffidabili per via delle loro idee,
  • incompetenti, non degne di ricoprire cariche di responsabilità perché sprovviste di titolo di studio adeguato.

Attraverso l’utilizzo di un astuto linguaggio manipolatorio vengono veicolate narrazioni di disinformazione che hanno molteplici scopi:

  • generare malcontento e inasprire gli animi delle persone su tematiche delicate come l’immigrazione e il sistema accoglienza profughi;
  • incentivare narrazioni contro leggi sui diritti civili e contro l’omofobia per persuadere le persone sulla nocività di certe scelte politiche, ad esempio con l’utero in affitto e il commercio dei bambini in riferimento al delicato tema delle adozioni da parte di coppie omosessuali;
  • convincere le persone, e più nello specifico i genitori, facendo leva sulle loro paure con narrazioni che richiamano l’attenzione sulla pericolosità dell’introduzione dell’ideologia gender nelle scuole;

Altre volte, invece, il linguaggio manipolatorio viene utilizzato dai media e da alcune testate giornalistiche come tattica editoriale per creare sensazionalismo e persuadere le persone a cliccare sulla notizia.

Non si tratta di vere e proprie narrazioni di disinformazione, seppure il linguaggio utilizzato abbia in comune con esse l’utilizzo della donna come mezzo per attaccare determinate scelte politiche.